Il futuro dell’area Enel. L’intervista al giurista ambientale Marco Grondacci

È una delle poche voci controcorrente dell’ambientalismo ligure e una di quelle più esperte nel settore. Allontanato da tutte le fazioni politiche alle scorse elezioni comunali, lo spezzino Marco Grondacci, 65 anni, è critico nei confronti della possibilità di installare una gigafactory di produzione di pannelli solari nell’area Enel di Vallegrande alla Spezia. 

Laureato in Giurisprudenza ha fatto dell’ambientalismo il suo impegno civile e la sua professione. Lavora infatti come consulente in diritto ambientale per enti pubblici e privati, ma tiene anche corsi di aggiornamento post-laurea all’Università di Pisa, oltre ad essere l’autore di un manuale giuridico coordinato dall’ex giudice della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky.

Marco Grondacci

In un post pubblicato su facebook lo scorso 31 marzo ha detto che “manca il percorso industriale, amministrativo e di gestione urbanistica e ambientale, oltre che i finanziamenti, per arrivare all’obiettivo della gigafactory”. Dal suo punto di vista quale è lo stato della proposta della politica e di Enel ad oggi?

Continua a mancare una visione complessiva dell’area. Il comune cosa vuole fare? Il sindaco Peracchini aveva fatto una variante al piano urbanistico con Enel, ma era finalizzata a evitare la centrale a gas. Poco tempo fa, poi, Enel è stata invitata in consiglio comunale, e in quel caso si era parlato dell’ipotesi dell’emergenza energetica, dovuta anche al conflitto in Ucraina. La paura in questa circostanza è che in una situazione di emergenza il progetto della centrale a gas ritorni in auge. Anche se, venuti meno i finanziamenti milionari europei del capacity market, Enel ha dichiarato chiuso il capitolo gas.

La mia preoccupazione invece, di cui non parla più nessuno, è che si voglia collegare Vallegrande al porto. Qualche tempo fa Enel ha creato una società legata alla logistica portuale per gestire il nuovo scalo di Fossamastra destinato ai camion di Gnl. Questa società ha dichiarato che non si occuperà di container, ma di distribuzione e invio. Non è difficile immaginare quindi la creazione di una zona logistica semplificata collegata allo scalo marittimo di Enel piuttosto che la gigafactory o la centrale a idrogeno. Un’area che così sarebbe gestita da un comitato e un commissario, e declasserebbe quindi il comune a un ruolo di consulente. A decidere a quel punto sarebbe l’autorità portuale e la regione. 

Quali sono le alternative? 

Da tempo chiedo che venga fatto un masterplan in accordo con tutti gli enti interessati (Enel, comune, provincia, regione e ministeri competenti) che definisca il futuro complessivo dell’area. Un piano quadro di indirizzi su scenari alternativi. Per ogni scenario poi calcolare i costi, i benefici e i tempi di smantellamento. Vanno misurati quindi il peso economico, ambientale e sociale dei diversi scenari.

I cittadini quale voce in capitolo potrebbero avere?

Per questo parlo di masterplan! Una volta fatto va discusso con i cittadini attraverso un percorso partecipativo. Il problema è che andava fatto qualche anno fa. Il rischio ora è che i progetti vadano avanti. Giustamente un’impresa come Enel fa i propri interessi. Se ci sono i finanziamenti e gli fanno fare i progetti loro non si fermano. Il rischio è che si faccia uno spezzatino. Ovvero che vengano riorganizzate le aree un po per volta senza una visione d’insieme, che è quello che invece la città dovrebbe chiedere. Ad oggi nessuno fa nulla.

Leggendo sempre il suo post ha scritto “siamo arrivati al punto che devo leggere che la nuova fabbrica dovrebbe essere installata perché qui c’era la centrale a carbone, peccato che il sito in concorrenza, Brindisi, ne ospitava una come la nostra se non peggio”. Può chiarire?

Questo è un ragionamento politico. Il senso è che scegliere Spezia per la gigafactory di pannelli solari, o farci una produzione di idrogeno rinnovabile, con il motivo che abbiamo subito 60 anni si centrale a carbone, è riduttivo. Volevo fare notare che anche a Brindisi c’è stata per tanti anni una centrale a carbone. Il criterio di selezione non si basa su quanto siamo stati inquinati rispetto a un altro sito che ha sofferto allo stesso modo.

Questi finanziamenti sono regolati da un bando (dm dicembre 2022/427) che fissa i criteri di scelta dell’area. Bisogna capire se a Spezia riusciamo a rispettare le tempistiche previste. Uno di questi requisiti ad esempio prevede che il sito non debba essere inquinato (parte IV del testo unico ambientale relativo alle bonifiche). L’area Enel non è bonificata e la centrale non è smantellata. I criteri devono essere chiari, non delle leziosità su chi ha sofferto di più.

Esistono siti più adatti oltre a La Spezia e Brindisi?

Nel decreto citato sono definiti i criteri. Ad esempio il sito deve essere dotato o potenzialmente dotabile di connessioni alla rete elettrica, risorse idriche legate alla produzione di idrogeno rinnovabile, connessioni alle reti del gas, connessione alla rete stradale, tutti parametri che esisterebbero. Però è da capire fino a che punto ci sarebbero, e questo nessuno lo ha valutato a fondo. 

Cosa farebbe al posto della centrale se potesse decidere lei?

Una domanda difficile, ognuno può avere le sue idee. Se dipendesse solo da me io ci farei un grande parco. Quell’area era una zona termale e credo ci siano ancora le fonti. Un parco, non un parco giochi come aveva proposto qualche politico tempo fa. Un’area verde dove magari farci anche un po ‘di rinnovabili. Questa città ha bisogno di spazi verdi, quella sarebbe la grande scommessa. Ma mi rendo conto che sia difficile. Da un lato la politica non ha le idee chiare , dall’altro l’Enel considera quell’area strategica. È vicina al porto, all’Oto melara e all’industria nel ciclo della fusione nucleare. Comunque, farei fonti rinnovabili e poi recuperare e rinaturalizzare il più possibile.

Quando dice fonti rinnovabili intende produzione di energia o produzione di pannelli solari?

Da qualche i pannelli solari vanno fatti, però vanno studiati tutti i possibili scenari.

Cosa pensa dei giovani che vedono come troppo estrema la sua visione?

Ho un figlio di 26 anni. Si preoccupa per il pianeta, però anche lui è scoraggiato. Ci hanno fatto credere, e questo è colpa della mia generazione, che certi progetti e visioni sono utopia. Bisogna essere pragmatici, tanto non siamo noi che decidiamo, tanto ci vogliono i soldi , tanto decide l’Europa, tanto decidono le multinazionali, tanto c’è la globalizzazione. Alla fine ci convinciamo di queste cose, che poi quando vai fuori dagli schemi ti pigliano per matto. 

Cosa pensa delle azioni dei giovani ambientalisti, colpiti recentemente dall’inasprimento del governo meloni con il reato di danneggiamento di beni culturali e artistici?

Non condivido le azioni dei giovani che fanno gli attacchi ai monumenti, però onestamente mi fa ridere il governo. Sta attuando una norma pesantissima, e contemporaneamente ha fatto uno scudo penale per gli inquinatori dell’ilva di taranto estendibile a altri impianti inquinanti definiti strategici. Gravissimo! Praticamente se sei condannato penalmente perché hai inquinato, può essere nominato un commissario, che se definisce che l’impianto è strategico attua delle prescrizioni e l’azienda va avanti in deroga alle norme ambientali. Quindi c’è un colpo al cerchio e diecimila alla botte. Da un lato i ragazzi che fanno azioni provocatorie sporcando i monumenti rischiano di finire in galera, oltre che pagare multe pazzesche che non sono in grado di pagare. Dall’altro lato fanno scudo penale a della gente che è stata condannata per reati gravi di inquinamento. Quando i giovani vedono queste cose si demoralizzano.

Ragionare in questo modo è sbagliato, tuttavia comprendo la paura dei giovani nel futuro. Quelli come me sono degli emarginati nonostante abbiano le competenze. Mi chiedo i giovani che visione possano avere della politica. Oggi c’è l’idea che la politica non serva a cambiare le cose ma a fare carriera nella politica. Se fai un’iniziativa per il futuro dell’area Enel ci vengono 10 persone, poi alle elezioni comunali c’è pieno di persone che si candidano.

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