Il 27 gennaio è il giorno dedicato alla memoria dei genocidi e della prevenzione dei crimini contro l’umanità: si tratta di una data simbolica che corrisponde all’anniversario della liberazione dei prigionieri dal campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau.
Questa giornata è un’opportunità per riflettere sulla Shoah, sui genocidi e per ricordare i valori alla base della democrazia.
Non si deve dimenticare quello che è accaduto a milioni di persone; è importante conoscere i principali sviluppi storico-culturali, le differenze nella memoria dell’Olocausto nel mondo e i luoghi e gli eventi che contribuiscono a questo: musei, monumenti e Memoriali. La memoria del Genocidio si è sviluppata in modo diverso nei diversi paesi in tempi diversi. In questa sede ci limiteremo a descrivere solo alcuni dei luoghi della Memoria nel mondo (Nord-Europa, Israele, Germania, USA e Italia).
Europa dell’Est
Sebbene gli alleati combatterono insieme contro la Germania con le potenze dell’Asse nella Seconda guerra mondiale, c’erano differenze ideologiche fondamentali tra loro, in particolare tra l’America, la Gran Bretagna e l’Unione Sovietica.
Dopo la liberazione, i governi comunisti sotto il dominio dell’Unione Sovietica si formarono in gran parte in Europa orientale. Questi governi non riconobbero subito gli ebrei come le maggiori vittime della persecuzione nazista. Questo perché identificare diverse vittime e gruppi andava contro l’idea della lotta condivisa contro il nazifascismo. Auschwitz dal 1947 era un luogo in cui si raccontava l’eroismo del popolo polacco. Ad esempio, nel memoriale di Babi Yar fondato nel 1959, luogo in cui i nazisti uccisero 35.000 ebrei, si leggeva “Qui tra il 1941 e il 1943, gli invasori nazisti tedeschi giustiziarono più di 100.000 cittadini di Kiev e prigionieri di guerra”. Quindi, pur riconoscendo le brutalità naziste, il memoriale lo fece in termini molto generali, in particolare senza menzionare le vittime della Shoah. Si trattava di una decisione politica presa per difendere la legittimità dei governi comunisti del dopoguerra e unire i cittadini di questi paesi.
Nel 1979, Papa Giovanni Paolo II visitò il museo di Auschwitz, celebrando una messa all’interno del campo di fronte a circa un milione e mezzo di persone. Egli trattò, all’interno dell’omelia, la vicenda di Massimiliano Kolbe, e richiamando l’attenzione anche sulla figura di Edith Stein e sullo sterminio ebraico. Gli ebrei vennero descritti dal Papa come le massime vittime del nazismo.
Con la caduta del muro di Berlino l’azione culturale del museo si distaccava definitivamente dell’autoreferenzialità legata al ruolo polacco nelle vicende della guerra e mostrava una maggior capacità di diffusione e confronto con nuove ricerche storiche internazionali.
Ogni governo nazionale ha dovuto prima o poi confrontarsi con questo elemento della memoria collettiva.
Nel 2012, la cittadina polacca di Oświęcim è stata visitata da più di un milione di persone; ha invece superato i trenta milioni di visitatori da quando è sorto il museo (1947).
Israele
Lo Yad Vashem, che significa “un memoriale, un nome”, è il più grande memoriale israeliano dell’Olocausto e si trova sulle pendici del Monte della Memoria, ai margini di Gerusalemme. Nacque come organizzazione nel 1953 per documentare la memoria delle vittime dell’Olocausto e la storia del popolo ebraico durante l’Olocausto per insegnarla e farla ricordare alle generazioni future. Il Museo Yad Vashem è stato inaugurato nel 2005 e le sue nove gallerie interattive presentano l’Olocausto utilizzando una gamma di contenuti multimediali tra cui fotografie, film, documenti, lettere, opere d’arte e oggetti personali trovati nei campi e nei ghetti.
Il museo conduce al Muro dei Nomi, uno spazio contenente oltre tre milioni di nomi di vittime dell’Olocausto che sono stati presentati dalle loro famiglie e parenti. I nomi possono ancora essere inviati dai visitatori del memoriale e aggiunti all’archivio informatizzato, e possono essere cercati nei registri del museo. Presso lo Yad Vashem è presente anche una sala della Rimembranza nella quale dei fuochi ardono sopra le lastre di quella che è la topografia dell’orrore, costituita dai nomi dei luoghi in cui sorsero i campi di sterminio.
Germania
Dachau fu il primo campo di concentramento a sorgere nei confini tedeschi. In simili luoghi è possibile vedere di persona cosa significhi anche confrontarsi con la vita quotidiana imposta ai prigionieri. A Dachau sono state internate circa duecentomila persone e vi è morto quasi un quarto degli internati. Dal 1945 al 1948, il sito del campo divenne sede di processo contro i criminali nazisti, poi fu utilizzato come prigione per gli stessi soggetti; nel 1948 gran parte degli edifici era già stata distrutta o versava in condizioni pessime.
Nel 1955, il Comitato internazionale del campo, composto da ex internati, si rinnovava e proponeva la creazione di un memoriale all’interno del sito. Nel 1965, il memoriale fu inaugurato.
In Germania, il memoriale di Dachau divenne anche luogo legato al recupero della storia delle vittime passate sotto silenzio.
Nel 2002 è stata aperta una nuova mostra permanente che narra le varie fasi della storia del campo attraverso l’intervista registrata ai testimoni diretti e un percorso dedicato al “sentiero dei prigionieri”.
La conservazione dei siti della memoria, nella forma più vicina a com’erano originariamente strutturati come nel periodo di attività, rappresenta la scelta di conservare come documento concreto la triste realtà che fu, con lo scopo di evitare qualsiasi tentativo di negazionismo.
L’inaugurazione del memoriale, composto da una serie di 2711 stele in calcestruzzo, è avvenuta il 10 maggio del 2005. Il percorso prende il via da una serie di lettere e messaggi rinvenuti lungo i binari della deportazione, una sala, denominata “Sala delle famiglie”, narra origine e cultura di famiglie ebree perseguitate dal nazismo. Il memoriale è fortemente legato alla storia della Shoah ebraica, ma a pochi chilometri di distanza, nell’ottobre del 2012, è stato inaugurato il memoriale dedicato alle vittime Rom e Sinti della persecuzione nazista.
USA
Le prime liberazioni dai campi come Dachau da parte dell’esercito statunitense scioccarono il pubblico americano dell’epoca.
Tuttavia l’Olocausto, nel suo complesso, impiegò molto più tempo a penetrare nell’immaginario collettivo popolare. I ricordi della Seconda guerra mondiale continuarono a dominare, lasciando in secondo piano i crimini commessi dal nazismo e dal fascismo.
Il processo Eichmann del 1961 a Gerusalemme ricevette molta attenzione da parte dei media negli Stati Uniti, il che a sua volta aumentò la consapevolezza dell’Olocausto: l’87% degli americani sentì parlare del processo in quel momento. Nonostante ciò la conoscenza in generale dell’argomento continuava ad essere limitata; nel 1964 una proposta per un memoriale sulla rivolta del ghetto di Varsavia a New York fu respinta, sulla base del fatto che i monumenti all’interno dei parchi sarebbero dovuti essere limitati agli eventi rilevanti per la storia americana.
Negli anni Settanta la consapevolezza dell’Olocausto in America andò ad aumentare. Sono stati prodotti un numero crescente di testi accademici, film, letteratura e produzioni televisive – come la miniserie Holocaust, prodotta dalla NBC e trasmessa nel 1978.
Nel 1978, il presidente Jimmy Carter annunciò una commissione presidenziale per esaminare un memoriale nazionale dell’Olocausto, dove nel 1980 culminò nel Congresso che approvava all’unanimità l’istituzione del Museo memoriale dell’Olocausto degli Stati Uniti, da costruire a Washington.
Il museo è stato inaugurato nel 1993, lo stesso anno in cui è uscito il popolare film di Steven Spielberg Schindler’s List.
Italia
Nel 1940 l’Italia entrò nella Seconda guerra mondiale come alleata della Germania nazista. Nei tre anni successivi, gli eserciti italiani subirono perdite schiaccianti sotto la guida di Mussolini. Di conseguenza, nel maggio 1943 i leader italiani deposero Mussolini e nel settembre 1943 cedettero la nazione agli Alleati. Quella resa fece sì che le forze tedesche occupassero rapidamente l’Italia centrale e settentrionale. Dopo il settembre 1943, le truppe fasciste tedesche e italiane sequestrarono e deportarono circa 9.000 ebrei ad Auschwitz o in altri campi, dove la maggior parte morì nelle camere a gas o per malattie e fame.
Oggi, i memoriali dell’Olocausto in Italia commemorano questi omicidi di massa.
Di seguito sono descritti esempi rappresentativi di memoriali e musei nelle città di Roma, Ferrara, Bologna e Firenze. I tipi più comuni sono le targhe, i monumenti indipendenti, le “pietre d’inciampo” in ottone e le mostre nei musei ebraici, che in genere forniscono anche informazioni sull’oppressione degli ebrei prima della guerra.
Roma ha la più antica comunità ebraica d’Italia e molti memoriali dell’Olocausto. La maggior parte si raggruppa dentro e intorno al Tempio Maggiore. In questo quartiere, più di mille ebrei uomini, donne e bambini furono arrestati la notte del 16 ottobre 1943. Due giorni dopo, la maggior parte di queste persone fu deportata ad Auschwitz, dove quasi tutti persero la vita.
Il piano terra della sinagoga è un museo che utilizza oggetti e pannelli per raccontare la storia della comunità ebraica di Roma, dall’antichità ai giorni nostri. Nella sala finale, pannelli intitolati “L’oppressione dei diritti civili” e “La persecuzione e il 16 ottobre 1943” descrivono il maltrattamento degli ebrei prima e durante la guerra.
Sono segnate anche le leggi razziali istituite nel 1938, che limitavano i diritti degli ebrei e li separavano dal resto della nazione. Gli ebrei non erano autorizzati a frequentare o insegnare nelle scuole statali e nelle università. Non potevano sposare cristiani o scrivere per i giornali. Migliaia di persone persero il lavoro.
Piccole “pietre d’inciampo” (Stolpersteine) di ottone sono incastonate nella strada all’ingresso del centro. Queste “pietre” sono in realtà piccole lastre di ottone che un artista tedesco, Gunter Demnig, ha posto davanti alle case delle persone deportate durante l’Olocausto. Ogni blocco porta un nome e la data e il luogo di morte della persona.
Ferrara ospita il più recente museo ebraico italiano, il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e la Shoah. Questo museo nazionale è stato inaugurato nel dicembre 2017. Il complesso non è ancora completato, nonostante ciò la sua prima mostra permanente è aperta ai visitatori. Il tema è “Ebrei: una storia italiana. I primi cento anni”.
Il museo ebraico a Bologna si trova nel cuore della città. Utilizza pannelli a muro e schermi per ripercorrere la storia del giudaismo nella regione dell’Emilia-Romagna. Una sala mette in evidenza i nomi degli ebrei deportati dalle principali città della regione, come Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna.
In via Matteotti, un’ampia piazza custodisce un alto monumento dedicato alle vittime dell’Olocausto. Inaugurato nel 2016, questo memoriale è costituito da due massicci blocchi di acciaio che convergono a formare un percorso sempre più stretto. Questo restringimento ha lo scopo di trasmettere il senso di reclusione sperimentato da coloro che vennero deportati nei campi.
Un grande monumento in pietra si trova nel giardino della sinagoga di Firenze in Via Luigi Farini. Vi sono incisi i nomi delle centinaia di ebrei locali deportati nei campi. La sinagoga, utilizzata dai tedeschi come scuderia e magazzino durante l’occupazione, è stata poi riportata al suo antico splendore dopo la guerra. Il museo accanto alla sinagoga espone oggetti e documenti relativi alla storia della comunità ebraica di Firenze.
Il 10 aprile del 2002, è stato inaugurato a Prato, alla presenza del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, il Museo della Deportazione e della Resistenza. Il museo sorge nel luogo di una delle centinaia di stragi perpetrate in Toscana nel 1944 dai nazifascisti in ritirata, in questo caso a Figline di Prato, dove furono fucilati ventinove partigiani.
È il Cdec (Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea) ad aver recuperato uno degli ultimi luoghi dedicati alla memoria in Italia, destinato a memoriale nella nazione dal 27 gennaio 2013. Inaugurato con la presenza del Presidente del Consiglio Mario Monti, funzionari delle Ferrovie dello Stato italiane e altri dignitari e ospiti istituzionali e religiosi, il binario 21 della stazione centrale di Milano fino al 1995 era un luogo dimenticato anche dalle stesse ferrovie. Il binario 21 veniva costantemente rappresentato all’interno delle descrizioni dei deportati milanesi sopravvissuti ai campi, ma non era mai stato individuato con precisione. Fu Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, a riconoscere quel luogo.
Perché si deve continuare a ricordare
Dobbiamo chiederci perché il mondo dovrebbe ricordare l’Olocausto, iniziato più di 75 anni fa che ha coinvolto quasi tutta l’Europa. Dobbiamo capire il male, il male sistematico, il male sponsorizzato dallo stato, le uccisioni industrializzate, gli omicidi di massa che erano l’essenza delle stragi perpetrate dal Nazismo, dal Fascismo e dai loro complici.
Dobbiamo capire la sua invenzione emblematica, il campo di sterminio e le persone che hanno prestato servizio in questi campi. Il loro compito: omicidio di massa. Alcuni erano sadici e criminali, ma molti altri erano uomini comuni che cercavano di fare del loro meglio per adempiere ai loro obblighi. Alcuni erano anche professionisti, avvocati, dottori, ministri ed economisti. Essi usavano le loro capacità e conoscenze per diventare complici più efficienti.
Dobbiamo capire le circostanze delle vittime che hanno dovuto prendere decisioni senza vere alternative, tra l’impossibile e l’orribile che hanno affrontato condizioni di così totale impotenza da poter fare così poco per determinare il loro destino. Eppure, anche se erano impotenti, erano tutt’altro che passivi. La Resistenza assumeva molte forme, il coraggio si manifestava in molti modi, le armi non erano che l’ultima resistenza.
E dobbiamo capire l’indifferenza della neutralità. Nella lotta tra vittime impotenti e una potente macchina per uccidere, la neutralità è tutt’altro che neutrale. Lo spettatore si ritrova ad essere anche complice.
Primo Levi scrisse: «I mostri esistono, ma sono troppo pochi per essere davvero pericolosi. Sono più pericolosi gli uomini comuni, i funzionari pronti a credere e obbedire senza discutere… Occorre dunque essere diffidenti con chi cerca di convincerci con strumenti diversi dalla ragione, ossia i capi carismatici: dobbiamo essere cauti nel delegare ad altri il nostro giudizio e la nostra volontà». Questa è la banalità del male.