Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

“Eures: 91 donne vittime di femminicidio nel 2020. Uccisa 1 donna ogni 3 giorni” (fonte: Rai News), “Dramma a Torre del Greco. Donna uccisa a calci, pugni e arma da taglio: fermato il figlio” (fonte: Rai News), “Tenta stupro e di strangolare donna, arrestato 17enne” (fonte: Agenzia ANSA), “Il revenge porn, forma di persecuzione in costante ascesa” (fonte: la Repubblica). Questi sono solo quattro delle centinaia di articoli che vengono pubblicati quotidianamente che trattano uno degli abusi più diffusi ad oggi: quello sulla donna.

La violenza sulle donne è una delle violazioni dei diritti umani più diffuse e persistenti nel mondo. Rimane anche una delle meno segnalate a causa dell’impunità, del silenzio, dello stigma e del senso di vergogna provato dalla vittima.

Il 25 novembre 1960, tre donne dominicane, le sorelle Mirabal, fondatrici del “Movimento 14 giugno”, furono assassinate per ordine del capo di stato dominicano Rafael Leònidas Trujillo apparentemente a causa della loro dissidenza. Tuttavia, tutto sarebbe cominciato ad una festa durante la quale una delle tre sorelle, Minerva, rifiutò le avances del dittatore. Da quel giorno la donna e tutta la sua famiglia furono perseguitate per anni.

Il 19 ottobre 1999, durante la cinquantaquattresima Sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, i rappresentanti della Repubblica Dominicana e 74 Stati membri presentarono un progetto per rendere il 25 novembre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

La Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1993, definisce la violenza contro le donne come «ogni atto di violenza fondata sul genere che abbia come risultato, o che possa probabilmente avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata» (Art.1).

Secondo alcune statistiche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e delle Nazioni Unite più di una donna su tre (35%) sarebbe stata esposta personalmente a violenza sessuale nel corso della sua vita; 130 milioni di donne e ragazze sono state vittime di mutilazioni genitali femminili; oltre 700 milioni di donne in tutto il mondo si sono dovute sposare mentre erano ancora minorenni. Inoltre, a livello globale, circa il 38% dei femminicidi viene commesso da persone interne alla propria famiglia.

La violenza si basa su un rapporto di forza e potere, fa parte di un’operazione di dominio e negazione dell’altro come individuo dove mina la propria integrità, che sia fisica, morale o psicologica.

Che si tratti di violenza domestica, molestie sessuali o anche le varie forme di vincolo imposto alla sessualità delle donne come le mutilazioni genitali femminili o i matrimoni forzati; queste coercizioni vengono perpetrate contro le donne proprio perché tali e assumono significato solo se inserite in un contesto più ampio di disuguaglianze tra i sessi.

Violenza sulle donne, doppia emergenza ai tempi del Covid

 (Monitoraggio Action Aid su risorse e attuazione del Piano antiviolenza 2017-2020: solo il 10% dei fondi 2019 è arrivato ai Centri antiviolenza)

 La prescrizione di evitare il più possibile gli spostamenti e rimanere presso le proprie abitazioni, se non per esigenze primarie, ha creato quella che possiamo definire “l’emergenza nell’emergenza”: è stato infatti riscontrato un significativo aumento di maltrattamenti e violenze domestiche, fenomeni che nel nostro Paese sono purtroppo diffusi e molto spesso taciuti.

I dati parlano chiaro e sono preoccupanti: durante il primo lockdown, dopo un iniziale crollo, il numero delle chiamate di aiuto al 1522 (un numero gratuito e attivo 24 h su 24 che accoglie, con operatrici specializzate, le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking), tra marzo e giugno 2020, è più che raddoppiato rispetto al 2019 con 15.280 richieste (+119,6%). Data la gravità della situazione, i Centri sono stati costretti a turni di lavoro estenuanti, estendendo la propria reperibilità h24 con risorse umane ridotte del 50%. 

Ancora una volta la risposta delle istituzioni, come in molti altri casi durante questa pandemia, si è dimostrata tardiva e insufficiente a fronteggiare l’emergenza: difatti l’attuazione del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne – adottato nel 2017 e reso operativo con un piano approvato due anni dopo – risulta incompleta e priva di trasparenza. Le risorse effettivamente impegnate sono risultate insufficienti per coprire le azioni già programmate da tempo e risulta impossibile verificare come vengono spese realmente.

Grande assente e complice dell’aggravarsi della situazione attuale è anche la prevenzione: se fossero state attuate in tempo tutte le attività preventive previste dal Piano strategico nazionale sulla violenza di genere e se il 1522 fosse stato regolarmente pubblicizzato come previsto, le donne ad oggi sarebbero più informate sui servizi a cui chiedere aiuto e quindi maggiormente consapevoli e pronte in caso di bisogno.   

Nonostante nell’ultimo decennio si siano compiuti diversi passi in avanti (ricordiamo la legge sullo stalking nel 2009 e quella sul revenge porn nel 2019) nella normativa contro la violenza di genere, che persegue tre obiettivi principali: prevenire i reati, punire i colpevoli, proteggere le vittime; i progressi fatti risultano tutt’oggi ancora insufficienti per poter classificare questa problematica sociale come risolta.

Ennesimo caso di revenge porn.

Ci troviamo a Torino e in questo caso i protagonisti sono una maestra d’asilo e il suo ex-fidanzato. La vicenda inizia due anni fa quando la vittima manda foto e video hard a quello che al tempo era il suo ragazzo. Quest’ultimo, una volta finita la relazione, le inoltra al gruppo del calcio in cui è presente un uomo il quale si accorge che la donna di quelle immagini è la maestra di suo figlio. La mamma del bimbo, dopo essere stata informata, contatta la vittima minacciandola di informare la dirigente scolastica se avesse sporto denuncia verso l’ex fidanzato. La vittima decide comunque di denunciare nonostante le minacce, per poi informare lei stessa la preside dell’accaduto. Ma le voci nella scuola corrono e la preside, quindi, consiglia alla donna di prendere qualche giorno di ferie per far calmare le acque, per poi spingerla alle dimissioni.

In questa storia l’unica vittima è la maestra, ma parte dell’opinione pubblica si è scagliata contro di lei. Dividendosi in due fazioni, una parte afferma che in quanto maestra d’asilo, lei non possa vivere la sua sessualità liberamente. Dall’altra parte, invece, c’è chi la ritiene colpevole di ingenuità, in quanto: “se hai questo genere di foto o video devi aspettarti che siano rese pubbliche”. Questo è l’ennesimo caso in cui la vittima viene colpevolizzata. Il revenge porn è reato (art 612 ter c.p). Un modo per contrastare questo fenomeno è quello del senso civivo che ognuno di noi dovrebbe avere, non condividendo o eliminando materiale privato di cui è in possesso senza il consenso del soggetto ritratto.

Alessia Milella

Giulia Battolla

1 commento su “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”

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