Dopo quasi un anno di emergenza Covid-19 sappiamo come si è posto Mattarella?

Oltre quindici milioni di italiani, all’epilogo dello scorso, drammatico, 2020, hanno ascoltato il messaggio di fine anno che, a partire dalla Presidenza Einaudi, i Presidenti della Repubblica rivolgono agli italiani.
Senza dilungarci sulla sopracitata esternazione, traspare che, tra tutti i messaggi di fine anno, questo non è stato di certo il più vario in quanto a contenuti. Potremmo parlare di un discorso imprigionato da ciò che, tutt’oggi, sta tenendo in ostaggio il mondo: ovviamente mi riferisco al covid-19.

Alla luce di ciò, può venire da chiedersi come il Capo dello Stato abbia agito durante l’emergenza sanitaria e quali poteri avrebbe potuto mettere in atto tale istituzione della quale non sempre si ha chiaro il “campo di azione”.

Innanzitutto non è mai banale ricordare che la nostra Costituzione -a differenza di altre come quella francese o quella spagnola- non prevede uno stato di emergenza ad esclusione di quello di guerra. Di conseguenza, dobbiamo pensare che le nostre istituzioni siano partite dal provare a comprendere quali fossero gli “strumenti” opportuni per regolare le nostre vite durante la pandemia.

Senza esprimere particolari giudizi va preso atto del fatto di non aver visto come protagonista istituzionale, in questa fase, il Parlamento. Il ruolo cardine – indubbiamente anche a livello mediatico- è spettato all’esecutivo, che ha deciso di operare principalmente tramite decreti legge e decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (più noti come DPCM).

Onde evitare di farvi sorgere il dubbio di star leggendo un manuale di diritto pubblico, riconosco che questa non è la sede per addentrarci nelle molteplici differenze che distinguono un decreto legge da un DPCM. Tuttavia, dovendo trattare del Presidente della Repubblica, risulta necessario evidenziare un aspetto distintivo: il decreto legge è sottoposto ad un controllo ed, in seguito, ad un’ emanazione da parte del Capo dello Stato (non molto diversamente da quanto previsto per le leggi dall’art. 74 Cost.), il DPCM no.

Partendo dai decreti legge, nella prima fase dell’emergenza si rileva una certa “accondiscendenza” da parte del Presidente della Repubblica, mentre i primi rilievi del Quirinale emergono al momento della promulgazione della legge di conversione del dl. 16 luglio 2020 n. 76, dove è stato fatto notare come l’aumento degli articoli e dei commi (inizialmente il decreto prevedeva 65 articoli e 305 commi, al momento della promulgazione 109 articoli e 472 commi) sia avvenuto sviando alle finalità originarie del decreto; per questo motivo viene invitato il Governo a vigilare sull’esame parlamentare, al fine di evitare che possa uscirne una legge di conversione contenente disposizioni troppo eterogenee rispetto a quelle del testo originario ed ha inoltre rilevato al Parlamento l’esigenza di apportare tutti gli emendamenti del caso sempre in coerenza con il dettato del testo costituzionale. Nonostante le motivazioni, perfettamente congruenti con quello che è il ruolo del Capo dello Stato nella nostra Repubblica, non deve essere sottovalutata la modalità con cui la Presidenza Mattarella ha deciso di esprimerli. Si tratta infatti di un raro caso di legge promulgata con motivazione apparentemente dissenziente, non prevista dal dettato costituzionale, che ha visto, per la prima volta la luce, durante la Presidenza Ciampi ed è stata resa ancor più nota dalla seguente Presidenza Napolitano. Va ricordato che una missiva riguardante il testo di una legge (che sia di conversione di un dl o meno) è previsto

affiancarla unicamente ai rinvii alle Camere. Alla luce di ciò, la citata “scelta” deve essere intesa come una ferma volontà del Quirinale di ritenere il testo della legge di conversione troppo importante per poter incorrere nella scadenza di 60 giorni, nonostante alcuni evidenti aspetti non molto congruenti al dettato costituzionale.

Venendo ai DPCM, si è già fatto presente come questi ultimi non debbano passare al “vaglio quirinalizio”, ma nonostante ciò non risulta assurdo presumere che le forze di Governo, in una situazione così delicata, ed in costante contrasto con le opposizioni, abbiano voluto evitare nuovi attriti, consultandosi prima dell’emanazione con il Presidente della Repubblica fuori dalle luci dei riflettori. Parlando di questi decreti risulta comunque necessario ricordare come la loro ideazione non prevedesse assolutamente un uso come quello che ne è stato fatto nel 2020, ma pare troppo presuntuoso criticare l’uso di questo strumento – che senza dubbio garantisce tempistiche celeri- in una delle pagine più drammatiche della nostra storia.

E’ molto più interessante, in conclusione di questo articolo, ricordare come alcuni DPCM abbiano evidentemente sconfinato nelle competenze di alcuni specifici ministri. Nonostante

ciò possa ad oggi apparirci come una questione di poco conto, potrebbe rischiare di creare scomodi precedenti per il futuro, tanto che, sul tema, si è riflettuto circa l’utilizzo di uno strumento ancor più insolito, vale a dire: il decreto presidenziale . In questo caso, un decreto del Presidente della Repubblica, non avrebbe cambiato la propria ingerenza sulla nostra quotidianità, ma sicuramente avrebbe permesso di comprendere meglio lo sconfinamento in ambiti di competenza altrui.

Detto ciò non resta che chiederci se in queste situazioni sia bene che una figura come quella del nostro Presidente della Repubblica agisca “in pieno agio” nei limiti costituzionalmente predisposti o se sia il caso di pensare ad un’estensione dei poteri presidenziali, quantomeno in questi momenti. Purtroppo la risposta a quest’ultima domanda non la troverete qua, ad oggi non ci resta che sperare in un adattamento del testo costituzionale, che possa permetterci di agire meno dubbiosi in una prossima, spero molto lontana, situazione emergenziale. 

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